ADATTARSI PER SOPRAVVIVERE

Non ci sono più le mezze stagioni, ma nemmeno quasi più le stagioni, considerando che in inverno, in 24 ore, si passa da giornate con temperature primaverili alla neve. I cambiamenti climatici rappresentano una delle sfide più impegnative che l’uomo dell’antropocene si trova a dover affrontare, per le innumerevoli conseguenze che questi determinano sull’ambiente.

Capita sempre più spesso, infatti, che animali e piante si trovino in una situazione di mismatch fenologico, ossia di asincronia tra il normale ciclo di vita e le condizioni ambientali. Pensiamo alle fioriture delle piante, alle metamorfosi degli insetti, alle migrazioni degli uccelli, alla muta degli animali selvatici che vivono su territori innevati. 

Queste situazioni fanno sì che gli organismi viventi si trovino a fronteggiare scarsità di cibo, condizioni inadatte alla riproduzione, minor resistenza alle malattie, aumentata esposizione alle predazioni, il tutto con grande rischio di perdita di biodiversità.

In parte, piante e animali reagiscono a queste situazioni con la plasticità fenotipica, cioè con la capacità di cambiare l’espressione genica (fenotipo) in risposta a stimoli esterni. Queste variazioni sono reversibili, a differenza di ciò che accade con le mutazioni genetiche, che rappresentano alterazioni irreversibili del DNA.

Le modificazioni avvengono a livello di molecole accessorie al DNA, che costituiscono l’epigenoma (epi = sopra), cioè l’insieme delle molecole che rendono possibili i cambiamenti nell’espressione del DNA. L’epigenoma varia nel corso della vita, può variare anche da cellula a cellula ed è profondamente influenzato dall’ambiente e dalle condizioni in cui un organismo nasce, cresce e si sviluppa.

In parole semplici, il DNA fornisce le istruzioni, indicando un percorso univoco su cui l’ambiente interviene modulando tale percorso e dando origine a un numero potenzialmente infinito di variazioni fenotipiche.

La relazione tra gli organismi viventi e l’ambiente è argomento di studio dell’epigenetica, la scienza che spiega come i diversi fattori ambientali, fisici e chimici – ma anche la dieta, lo stile di vite e persino il nostro vissuto – possano influire sull’espressione dei geni, cioè sul nostro fenotipo, senza modificare il corredo genetico. 

Questo sistema di regolazione è anche in parte ereditario: i genitori, quindi, trasmettono alla prole anche la capacità di adattarsi all’ambiente in cui si nasce.

Piante e animali – uomo compreso – si adattano all’ambiente in due modi: attraverso le variazioni genetiche passate al vaglio della selezione naturale, irreversibili e a lenta insorgenza, e grazie all’epigenoma, che modifica le modalità di espressione dei geni, dando origine alla plasticità fenotipica, cioè modificazioni reversibili del fenotipo, che si verificano nel breve termine nei singoli individui in risposta agli stimoli esterni.

Moltissimi sono gli esempi in natura di plasticità fenotipica. Alcune farfalle (Araschnia levana)  cambiano l’aspetto delle ali in base alla stagione in cui fuoriescono dalla crisalide. Il fotoperiodo, cioè il rapporto tra le ore di luce e di buio, e in misura minore la temperatura, sono alla base di questo meccanismo, determinando il rilascio di un ormone che regola la lunghezza del ciclo vitale. Se le ore di luce sono almeno 16, il ciclo vitale dei bruchi si completa in poche settimane e le farfalle schiudono con ali nerastre, nella forma estiva. Se i bruchi ricevono meno di 15,5 ore di luce, svernano come pupe e le farfalle schiudono nella primavera successiva, con ali arancioni. 

Nel caso degli anfibi del genere Spea, i girini, in caso di siccità, cambiano la dieta diventando carnivori e perfino cannibali per accelerare la metamorfosi e adattarsi all’ambiente asciutto. Anche nelle piante ci sono esempi di plasticità fenotipica; la Moricandia arvensis, una pianta che vive nel bacino del Mediterraneo occidentale, produce fiori di colore e forma diversi in estate, in condizioni estreme di temperatura e scarsità d’acqua, per poter attirare una più vasta gamma di insetti impollinatori e sfruttare meglio le radiazioni solari.

Potrebbe sembrare, allora, che la soluzione a molti problemi sia dietro l’angolo. 

Ma può l’epigenetica rappresentare la risposta all’impellente necessità degli organismi viventi di adattarsi ai cambiamenti di origine antropica dell’ambiente? 

Secondo i ricercatori, purtroppo, la risposta è no. Le modificazioni del fenotipo sono fenomeni ad alto costo energetico e se il cambiamento climatico non rallenta ritmo e intensità, i meccanismi naturali che gli organismi viventi sono in grado di mettere in atto non saranno comunque sufficienti per far fronte alle alterazioni ambientali.

IMMAGINI: Araschnia levana in forma levana (1 e 2), Araschnia levana in forma prorsa (3 e 4).

FOTOGRAFIE: Stefano Bossi.

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