Cos’è e come si diffonde la malattia che sta prendendo posto nella cronaca
della ultime settimane. Dati alla mano, ecco la situazione in Italia e in
provincia di Varese
Nelle ultime settimane si sono diffuse notizie con toni sempre più allarmanti
sull’aumento, nel nostro paese, dei casi di West Nile Disease, la malattia del Nilo
Occidentale. Sono saliti a 230 i casi segnalati in Italia dal Centro di Referenza
Nazionale per la WND, presso l’Istituto Zooprolattico Sperimentale di Teramo, 13
decessi tra i casi confermati, altri 44 casi segnalati tra Grecia, Slovacchia,
Romania e Serbia. Ad oggi, in provincia di Varese, la sorveglianza epidemiologica
condotta da ATS Insubria ha rilevato la presenza del virus in una civetta morta.
Di nuovo una zoonosi, di nuovo un virus potenzialmente mortale, ed ecco
riapparire l’ombra lunga di un nuovo agello, con comprensibile preoccupazione
di molti. Ma vediamo esattamente di che cosa si tratta.
Forme asintomatiche, febbrili o neurologiche
La malattia del Nilo occidentale, nota come West Nile Disease (WND), è una
patologia virale, conosciuta n dalla prima metà degli anni ‘90, sostenuta da un
Arbovirus appartenente al genere Flavivirus. Il virus predilige gli uccelli selvatici
come specie target, ma può occasionalmente contagiare l’uomo e altri mammiferi,
in particolare i cavalli. Il contagio avviene solo attraverso la puntura delle zanzare
(in Italia e in Europa principalmente Culex pipiens, che si nutrono nelle ore
notturne) che fungono da vettori per il patogeno, o attraverso trasfusioni di
sangue proveniente da soggetti infetti.
Gazze, cornacchie e ghiandaie rappresentano le specie bersaglio del virus, ma
positività e casi letali sono stati riportati in moltissime specie di uccelli selvatici,
quali passeri, gheppi, cormorani, assioli, merli, civette, gu ecc.
Diversamente dagli uccelli, l’uomo e i cavalli rappresentano specie a “fondo cieco”,
cioè il virus nelle loro cellule non replica in modo sufciente per far si che queste
specie possano diventare sorgente di infezione per le zanzare che si nutrono del
loro sangue. In altre parole, non sono contagiosi. La malattia, sia negli animali che
nell’uomo, può esprimersi in forma asintomatica, oppure manifestarsi con sintomi
simil-inuenzali, quali febbre, spossatezza, dolori muscolari, no ad evolvere nella
forma neurologica, con meningo-encefaliti talvolta letali, soprattutto nei soggetti
anziani e più fragili. Sulla totalità dei casi italiani, la forma neuro-invasiva si è
manifestata, ad oggi, in 127 casi.
Alcuni dei casi riportati dai bollettini ufciali, (37 per quanto riguarda la situazione
attuale) vengono rilevati durante gli esami di routine a cui vengono sottoposti i
donatori di sangue, completamente asintomatici.
Non esiste un vaccino (disponibile invece per i cavalli) né una terapia specica.
Occorre quindi basarsi sulla prevenzione della trasmissione, attraverso il controllo
delle zanzare, l’uso di repellenti e di zanzariere, screening sui donatori di sangue e
piani di controllo epidemiologici.
Una storia che inizia nel secolo scorso
I primi riferimenti a casi di infezioni nell’uomo da parte del virus della West Nile
disease, risalgono agli anni ’30 del secolo scorso, nel continente africano. La
malattia compare in Europa circa 20 anni più tardi, nel 1958, ma è solo negli anni
’90 che vengono riportati focolai con numeri signicativi di forme neuroinvasive.
La storia della West Nile Disease in Italia inizia nel 1998, quando la malattia
compare per la prima volta, manifestandosi nella sua forma neurologica in un
allevamento di cavalli in Toscana. Ricompare, solo dieci anni più tardi, nel 2008,
nell’area del Delta del Po, quando inizia a manifestarsi clinicamente anche
nell’uomo.
In seguito ai focolai del 2008, grazie all’attività di sorveglianza epidemiologica
ministeriale in atto annualmente già dal 2002 e rielaborate recentemente,
(https://www.epicentro.iss.it/westnile/bollettino), la circolazione del virus è stata
confermata tutti gli anni, nei pool di zanzare esaminati e con casi registrati negli
uccelli, nei cavalli e nell’uomo, in diversi territori italiani. Non si tratta quindi di
un virus nuovo ma di un patogeno dichiarato ormai endemico, che tutti gli anni si
manifesta, causando focolai di malattia in animali e persone in genere da Giugno-
Luglio, raggiungendo il picco verso ne Agosto inizio Settembre. I casi
scompaiono in autunno, quando il freddo si avvicina e le zanzare diventano
dormienti.
Il picco massimo è stato raggiunto nel 2018, quando da Giugno a Ottobre l’Italia ha
registrato 517 casi umani, più della metà di tutti i 1053 riportati in Europa, con 42
casi di decesso.
La diffusione del virus della West Nile (WNV)
Le aree umide, i delta dei umi e le torbiere rappresentano l’habitat ottimale per le
zanzare, che però non disdegnano le aree abbandonate ai conni delle città. Le
larve delle zanzare infatti preferiscono vivere in ambienti spesso inquinati ma
ricchi di sostanze organiche nutritive, come piscine abbandonate, grondaie
intasate, vecchi recipienti pieni di acqua piovana stagnante.
In Italia, la zona più tipicamente colpita è il delta del Po e le zone lungo il suo
decorso. Diversi focolai si sono infatti manifestati, negli anni, in Veneto, Emilia
Romagna, Lombardia, Piemonte, ma anche Sardegna, Sicilia e molte altre regioni
hanno mostrato evidenze di circolazione virale.
Le aree di sosta degli uccelli migratori coincidono spesso con gli habitat delle
zanzare, creando una coesistenza tra l’ospite denitivo del virus e il vettore, che
rappresenta un punto di partenza per l’amplicazione della replicazione virale e la
diffusione di nuovi focolai di infezione.
Attualmente il virus responsabile della WND circola nel bacino del Mediterraneo e
nell’Europa dell’Est, in Africa, in Medio Oriente, in Australia e nell’Asia
occidentale, negli Stati Uniti, nelle regioni meridionali del Canada, In Messico,
nelle isole dei Caraibi e negli stati settentrionali dell’America del Sud, grazie alla
sua capacità di infettare diverse specie di uccelli, stanziali e migratori, e numerose
specie di zanzare. Recentemente la presenza del virus è stata rilevata anche in
Germania e in Austria.
Ad oggi, la WND rappresenta la malattia virale trasmessa da artropodi più diffusa
al mondo. La sua diffusione rimane strettamente legata alla presenza delle
zanzare, oltre che agli uccelli, ospiti denitivi del virus.
Cosa cambia quindi nella situazione attuale rispetto a quanto registrato negli anni
passati? Lo spiega la DGSAF, Direzione Generale della Sanità Animale e dei
Farmaci veterinari, in una nota del 10 Agosto u.s., inviata agli organi competenti
in materia di prevenzione e prolassi delle patologie trasmissibili, in cui si legge:
«A causa delle attuali condizioni climatiche favorenti la proliferazione del
vettore (zanzare appartenenti al genere Culex), e la conseguente
circolazione virale tra l’avifauna selvatica, serbatoio naturale del virus, e i
mammiferi, uomo incluso, la stagione epidemica 2022 mostra un
andamento peculiare rispetto alle stagioni vettoriali del triennio
precedente, con un inizio precoce della circolazione virale, un maggior
numero di positività confermate nell’avifauna sorvegliata e nei pool di
zanzare e un aumento del numero dei casi umani».
Cambiamenti climatici, che effetto possono avere sulla distribuzione della WND?
L’estate 2022, secca e rovente, rappresenta un elemento di preoccupazione nei
confronti della diffusione della malattia.
I cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo potrebbero infatti giocare un ruolo
chiave nel rendere la WND un problema globale.
L’IPCC, International Panel on Climate Change, infatti, considera la diffusione
delle malattie trasmesse da artropodi come una delle conseguenze più probabili
dei cambiamenti climatici.
La WND è una malattia caratterizzata da un’epidemiologia complessa,
condizionata non solo dalla presenza e dalla distribuzione degli ospiti denitivi e
dei vettori, ma anche dalle profonde interazioni che intercorrono tra questi e
l’ambiente in cui vivono.
Le condizioni climatiche hanno inuenze dirette e indirette sulla competenza
delle zanzare nei confronti del virus (cioè la capacità di acquisire, mantenere e
trasmettere il virus), sulle loro dinamiche di popolazione e sul tasso di replicazione
del virus all’interno del loro organismo. Inuenzano inoltre le rotte e la fenologia
degli uccelli migratori, che potrebbero causare la diffusione del virus nelle regioni
settentrionali durante le migrazioni verso nord.
Diversi studi hanno dimostrato che le condizioni di siccità possono aumentare
l’abbondanza di alcune popolazioni di zanzare nelle zone umide semipermanenti,
poiché si traducono in più siti di riproduzione larvale con minore presenza di
predatori.
Il cambiamento climatico ha portato a condizioni più calde in diverse parti
d’Europa, e ciò ha facilitato la diffusione di WND in nuove aree, attraverso
un’espansione dell’areale e dell’abbondanza stagionale delle specie vettoriali e
aumentandone direttamente la competenza per la trasmissione.
Ma l’uomo, che colpa ne ha?
Oltre ai cambiamenti climatici, anche l’azione antropica inuisce pesantemente,
in termini generali, sulla diffusione delle patologie, come ben dimostrato nel caso
recentissimo della peste suina nei cinghiali.
In un mondo globalizzato dove le distanze si coprono in tempi brevissimi,
l’introduzione accidentale di pool di zanzare infette in zone nuove attraverso aerei
o navi e l’importazione legale o illegale di uccelli infetti appartenenti a specie
selvatiche, sono alcune corsie preferenziali per la diffusione dei patogeni e delle
malattie che questi provocano in persone e animali.
Fonti:
- https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?
anno=2022&codLeg=88535&parte=1%20&serie=null
- Bollettino_WND_2022_9.pdf – IZS Teramo
- WND_nel_Mediterraneo%20n.%208%202022.pdf – IZS Teramo
- https://www.epicentro.iss.it/westnile/bollettino
- https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?
lingua=italiano&id=214&tab=2