A chiunque venga chiesto di chiudere gli occhi e immaginare la montagna d’inverno viene in mente una fotografia, ormai impressa nel bagaglio di esperienze e vissuto, di candidi e soffici cristalli di neve.
Le vette e i versanti innevati sono da sempre l’immaginario collettivo della montagna invernale.
Purtroppo anche le vacanze natalizie appena passate hanno registrato una carenza di precipitazioni e un rialzo di temperature anomalo rispetto alle medie storiche e sempre più spesso i versanti delle nostre amate montagne sono pennellati da strisce bianche in mezzo a praterie addormentate, come in un quadro non ancora completato. Quelle strisce bianche sono spesso frutto di ingegno umano. Macchinari, tecnologie, risorse ed energie sono messe in campo per garantire ai frequentatori invernali delle terre alte il passatempo principale: lo sci alpino.
Se da un lato questa importante attività è e rimarrà l’attrattiva principale per territori che vivono di turismo e di conseguenza l’esistenza dei comprensori sciistici rimane una risorsa economica fondamentale per la filiera che a cascata garantisce entrate al comparto dell’accoglienza, della ristorazione e del commercio, sarebbe miope e poco lungimirante puntare solo su un elemento in un periodo storico dove i segnali climatici e le conseguenze che queste stanno portando sono ormai evidenti.


Infatti, a seconda di come vengono contati, sono centinaia gli impianti abbandonati, dismessi o chiusi in attesa di tempi migliori, su tutto l’arco alpino e la catena appenninica del nostro paese. Archeologia industriale del divertimento che lascia un’impronta invadente nel paesaggio delle montagne non più imbiancate. Nuovi costosissimi e impattanti impianti non hanno senso per un’industria che fa e farà sempre più fatica a garantire un servizio adeguato agli appassionati sempre più esigenti, dove questi impianti ci sono già.
La recente notizia della bocciatura del progetto che prevedeva nuovi impianti a fune e piste, con relative invadenti infrastrutture necessarie per l’innevamento artificiale, presso l’Alpe Devero è di buon auspicio per una sperata inversione di tendenza nell’approccio alla frequentazione della montagna invernale.
Molti appassionati di montagna e dello sci, dalla primavera in poi, si dedicano al trekking ma siamo sicuri che questa sia un’attività da interrompere in attesa del caldo?
Il trekking invernale, su neve o no, garantisce un’esperienza che forse molti devono ancora imparare ad apprezzare ed è un’attività sostenibile che, insieme ad altre che possono essere organizzate in territorio montano, può essere risorsa complementare ad un turismo che deve, almeno in parte, affrancarsi da una scommessa pericolosa su un paradigma basato soltanto sullo sci.

Consapevolezza, interpretazione del territorio e divertimento passano, anche, per un nuovo approccio alle terre di mezzo e alle terre alte.
- Scaldarsi camminando
- Il silenzio di un sentiero o di una traccia nel bosco
- Sentire la neve, quando c’è, che crepita sotto i passi
- Seguire le orme di un animale selvatico
- Accendere un fuoco in un bivacco
- …
Quali esperienze hai provato in montagna d’inverno?
Quante esperienze non hai ancora vissuto?
Sicur* di voler solo sciare?