Mamma, mi sono sciamate le api!

Lo spettacolo della sciamatura delle api.

Solo la varroa, forse, spaventa di più l’apicoltore della sciamatura. 

In questo periodo dell’anno, siamo nel momento – almeno per il Norditalia – in cui la crescita esponenziale del numero di api dentro gli alveari le porta a voler sciamare. Ed è proprio in questi mesi, tra aprile e maggio, che sui social iniziano a comparire foto di enormi sciami appesi ai rami o video in cui una moltitudine di api ronza in maniera all’apparenza caotica. Quando, infine, queste api si posano su qualche bicicletta in centro città ecco che ci scappa pure l’articolo del giornale. Ma cos’è la sciamatura e perché le api sciamano? 

La sciamatura, per le api, non è altro che il loro modo di riprodursi. In questa fase della stagione le fioriture primaverili sono rigogliose e le api bottinatrici importano molto miele che, in buona parte, viene immagazzinato in scorte per il futuro inverno. Le api sono molto previdenti, così previdenti che si ammazzano letteralmente di lavoro per un fine distanziato di mesi, quando la loro vita media in primavera-estate è di 40 giorni: le api, insomma, producono miele per le loro sorelle che verranno, generazioni dopo. Rifletteteci su questa cosa. 

Dentro l’alveare, che sia in una comoda arnia oppure il buco nel tronco di un albero, si iniziano ad accumulare notevoli quantità di miele e polline, insieme a un numero crescente di api. La regina, infatti, in questo periodo è al suo massimo in termini di deposizione di uova, anche 2.000 al giorno. In breve tempo, quindi, l’alveare diventa molto, troppo affollato. Ed è a questo punto che qualcosa, nelle api operaie, scatta. 

È come se le operaie si accorgessero che sì, ora si-può-fare! Riprodursi! Insieme alle normali cellette che contengono uova, larve e pupe di future operaie, le api iniziano a costruire delle altre celle un po’ speciali, più grosse, dalla forma di una arachide allungata: sono le celle reali. Le uova deposte in queste celle reali daranno vita a larve che, rispetto a quelle che in futuro diventeranno un’operaia, hanno di diverso… niente! Sono identiche, solo che le larve invece che per tre giorni, verranno nutrite a pappa reale per il doppio del tempo, sei giorni, fino al momento in cui la cella verrà chiusa da un tappo di cera (l’opercolo). Siamo così giunti al nono giorno – tre da uovo, sei da larva – e, circa al sedicesimo giorno, da quella cella nascerà una nuova regina. 

È in questi giorni, a ridosso del fatidico sedicesimo giorno, che avviene la sciamatura, che tanto preoccupa – giustamente – l’apicoltore, ma che rimane uno dei fenomeni più spettacolari della natura. La vecchia regina, infatti, nelle fasi precedenti la sciamatura viene messa a dieta, non viene più nutrita, così da dimagrire e poter volare con più agilità. Quando le operaie lo ritengo opportuno, infine, la partenza: insieme alla vecchia regina circa la metà dell’alveare – possiamo parlare anche di 40.000 api – prende il volo, in quel marasma che tanto piace a chi fa i video con lo smartphone. 

In questa prima fase, però, il volo è piuttosto breve, anche solo pochi metri. Tutto lo sciame, infatti, si posa su un ramo o un appoggio comodo poco distante, dove si agglomera. Lì vi resta per circa tre giorni ma, nel frattempo, le api operaie non se ne stanno con le zampe in zampa: un piccolo gruppo di api, le “esploratrici”, iniziano infatti a volare nei dintorni in cerca di una nuova, accogliente cavità in cui stanziarsi definitivamente, costruire nuovi favi e ricominciare a far covare la regina. Questo posto deve essere davvero buono, non è possibile sbagliare, pena la vita. Ma come fanno a decidere? In modo democratico. 

Quando una esploratrice trova un buco che le piace lo saggia, lo esplora, lo misura volandoci dentro. Una volta soddisfatta, torna allo sciame appeso e prova a convincere tramite una caratteristica danza, analoga a quella della bottinatura di nettare, qualche compagna. Le sorelle convinte seguiranno la prima esploratrice e, a loro volta, dopo aver vagliato la proposta immobiliare, torneranno allo sciame e, se convinte, proveranno a reclutare altre api a cui sottoporre il monovano trovato. Il via vai continuerà coinvolgendo sempre più api, mentre esploratrici diverse peroreranno la propria scelta: vince chi riesce a convincere più compagne, ottenendo una sorta di maggioranza democratica. È a quel punto che lo sciame ripartirà di nuovo, spostandosi nella nuova casa scelta, questa volta in maniera definitiva, provando a giocarsi le sue carte per la vita – l’80% di questi sciami non passa il primo inverno, la selezione è molto dura. 

Nell’alveare d’origine, invece, la nuova regina dopo una serie di voli di fecondazione, se tutto va bene, inizierà a deporre, sostenuta dalle api rimaste e dalle scorte lasciate dalle sorelle sciamate. Semplice. 

Ma perché un fenomeno naturale e affascinante come la sciamatura fa così paura? Qua dobbiamo distinguere tra apicoltori e non apicoltori. Per l’apicoltore la sciamatura è solo una scocciatura e una perdita di produttività: la famiglia sciamata, in quell’anno, difficilmente farà miele o ne farà molto poco. Gli apicoltori, per mangiare, devono produrre e vendere miele, una famiglia sciamata non è altro che una perdita di reddito, a parità di spese e lavoro che ci si è dedicato. Anzi, poi va pure recuperata, altro lavoro extra. In passato, come ben testimoniato da Mario Rigoni Stern nel suo «Uomini, boschi e api», per gli apicoltori senza grosse necessità produttive la sciamatura naturale era il modo di far riprodurre le api: le api sciamavano e poi si recuperavano, fine della storia. 

Per chi non è apicoltore, invece, è normale avere timore di qualche decina di migliaia di api in volo che paiono incazzatissime, quando invece si stanno solo facendo i fatti loro. In questa fase, inoltre, le api sono ben poco aggressive: le api, quando pungono, muoiono, perché pungere se non vi è nulla – tipo miele e covata – da difendere? Infine, le api operaie che sciamano riempiono la loro borsa melaria di miele, sarà il primo carburante per far ripartire la nuova colonia una volta insediatasi. E sono piene, ma così piene che non riescono neanche a tirare fuori il pungiglione. 

Quindi, niente paura. Se ci si imbatte in una sciamatura, basta spostarsi con calma e attendere che le api si posino e poi chiamare l’apicoltore più vicino. Sarete stati testimoni di uno dei tanti e più affascinanti spettacoli che la natura possa offrire. Ed è pure gratis.

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