Metti una formica a cena

Sono molte le specie che, nel mondo naturale, interagiscono con altre. L’interazione può essere di vario tipo: tutti facciamo esperienza con il parassitismo ogni volta che un virus, un batterio, un protozoo o un fungo ci fa ammalare ma, allo stesso tempo, il nostro corpo vede nel rapporto con la flora batterica un importante e proficuo esempio di mutualismo. Altre forme di interazione sono, infine, il commensalismo – uno dei due mangia sulle “spalle” dell’altro, ma senza nuocergli – e il parassitoidismo, in cui il rapporto ha una fine molto infausta per l’ospite, che ci rimane quasi sempre morto.

Anche le colorate e delicate farfalle, l’emblema della primavera e di un mondo più pulito, intrattengono rapporti non sempre amichevoli con altre specie, su tutte le formiche che, in questa storia, fanno la parte della vittima un poco tonta. Almeno 30 gruppi diversi in diciassette famiglie di farfalle e falene prevedono una forma di interazione tra le farfalle stesse, nei loro stadi larvali, cioè di bruco, e le formiche, con un po’ tutte le modalità di rapporto dette sopra, dal parassitismo obbligato fino al mutualismo.

I campioni in questo gioco ribattezzato “fotti la formica” si trovano, senza alcun dubbio, nella famiglia dei Lycaenidae, dove ben il 70% delle specie sulle circa 5.000 catalogate sfruttano i servizi di una qualche specie di formica per svezzare le proprie larve, aumentando di molto il loro tasso di sopravvivenza. 

Ma perché sbattersi tanto e, soprattutto, come fanno le farfalle a raggirare le formiche? Sul perché la risposta è abbastanza chiara e riguarda due aspetti: da una parte le formiche sono insetti notoriamente abbastanza incazzosi, capaci di attaccare e scacciare nemici molto più grossi di loro. Le farfalle, facendo adottare le proprie larve dalle formiche, non fanno altro che assegnare loro un corpo armato di difesa, dei bodyguard, come i pretoriani lo furono per gli imperatori romani. Mica male. 

Dall’altro lato, farsi imboccare e avere qualcuno che, mentre me ne sto tranquillo rintanato al sicuro in un formicaio, mi offre cibo a volontà finché, anche senza una Red Bull, metto le ali, è un vantaggio non da poco. Ed è quello che avviene, per esempio, per specie piuttosto diffuse anche in Italia come la “Maculinea (Phengaris) alcon”, la “Maculinea (Phengaris) rebeli” o la comune icaro (“Polyommatus icarus”). Se le prime due sono specializzate nel raggirare formiche del genere “Myrmica”, l’icaro è più di bocca buona e intrattiene rapporti con diversi generi. 

In ognuna di queste specie, e in molte altre, le uova vengono deposte sulla pianta nutrice, come la genziana, dove si schiudono e di cui le larve neonate iniziano a nutrirsi. Con il passare del tempo, però, le abitudini dei bruchi cambiano: basta verdura, meglio le proteine della carne per crescere e completare la metamorfosi in farfalla adulta. 

La manipolazione, l’inganno che i bruchi perpetrano nei confronti delle formiche è, invece, dovuto a un camuffamento chimico: il bruco di questi licenidi emette dei segnali chimici e vibratori perfettamente identici a quelli prodotti dalle formiche che vuole raggirare. In un mondo come quello degli insetti e, in particolare, degli imenotteri, quali sono le formiche, fatto di comunicazioni che viaggiano su scie chimiche – non quelle nel cielo come un complottista qualsiasi…  – riuscire a simulare dei prodotti chimici così da confondersi con l’ospite è una strategia vincente. 

Questi odori non sono altro che degli idrocarburi cuticolari, cioè dei composti chimici che impregnano la parte più esterna – la cuticola – del bruco. Per rafforzare ulteriormente il meccanismo, altre volte, il bruco produce anche delle secrezioni zuccherine di cui le formiche sono ghiotte, come accade, altrove, per la melata prodotta dagli acari delle piante (fitofagi), che inducono un comportamento a loro difesa da parte delle formiche stesse. 

Una volta nel formicaio, infine, i bruchi saranno non solo difesi dalle nuove amiche formiche, ma addirittura nutriti con larve e uova che queste ultime sottrarranno alla loro covata. Il raggiro, in questo caso, sarà completo. Insomma, camuffamento e un dolce dono: la strega di Biancaneve non aveva inventato nulla.

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