Gli alieni sono tra noi. E non hanno l’aspetto terrificante degli invasori portati al cinema da Ridley Scott nel 1979, ma il simpatico musetto di uno scoiattolo grigio, le ali colorate di una farfalla oppure le incredibili tinte di uccelli come parrocchetti monaci o usignoli del Giappone. Ma gli alieni sono anche nel nostro piatto, travestiti da prodotti cardine della gastronomia italiana, come la polenta o il pomodoro, vegetali provenienti dall’America centro-meridionale. Da apicoltore, poi, benedico due piante capaci di fornire un ottimo miele, oltre che un sostentamento fondamentale per le api: robinia e ailanto, entrambe specie alloctone, la seconda pure invasiva e inserita nella lista di specie di interesse unionale (della Ue).
Specie alloctone, autoctone, invasive, naturalizzate. Tante parole che spesso possono creare confusione e che meritano qualche riga di spiegazione.
Partiamo dal significato di specie alloctona: in maniera molto semplice, una specie animale o vegetale si definisce alloctona quando la sua zona di origine è diversa e distante da quella analizzata. I parrocchetti – monaci o dal collare – che riempiono i cieli di Roma, non sono originari della nostra penisola, ma il frutto di liberazioni volontarie o accidentali, in ogni caso dovute all’uomo. Una specie autoctona, all’opposto, è una specie che si è evoluta lì dove si trova. Se la parola “alloctono” può risultare difficile, si può sostituirla con “aliena” oppure “esotica”, in questo contesto sono sinonimi. Io, però, preferisco usare il termine “alloctono” e così farò in questo articolo.
Se, però, una specie è stata introdotta nel nostro territorio prima del 1500, la specie non è più alloctona, bensì parautoctona: quasi di casa, insomma. Due casi emblematici sono il daino e il muflone, i cui antenati provengono dall’Asia, dalla zona tra Anatolia e antica Persia, introdotti il primo dai Fenici, il secondo antenato delle pecore domestiche. E già qui capiamo una cosa, cioè quanto sia complicata la situazione e quanta discrezionalità vi sia: tecnicamente, secondo queste definizioni appena date, mais e pomodoro sono due specie alloctone e pure piuttosto invasive visti gli ettari che coprono. Ma ci danno una la polenta e il mangime per gli animali da hamburger, l’altro la pummarola per la pizza e per condire gli spaghetti, quindi ce ne freghiamo e va bene così, anzi, recuperiamo pure le loro varietà antiche.
Abbiamo appena introdotto un nuovo termine importante: “invasivo”. Cos’è una specie alloctona invasiva? In soldoni, è una specie alloctona che ha avuto successo e ha iniziato non solo a riprodursi nella nuova casa – e quindi si è “naturalizzata” -, ma a riprodursi alla grande, a stare così bene e a sentirsi così a casa che ha iniziato a lasciare le ciabatte in mezzo al salotto, a rompere le scatole. Uno dei casi studio migliori per definire cos’è una specie invasiva è quello che riguarda scoiattolo grigio vs scoiattolo rosso. Il primo viene dall’America del Nord ed è stato introdotto prima in Gran Bretagna e poi in Italia negli anni ’40 del ‘900 perché simpatico, intelligente, confidente, insomma, un perfetto animaletto da parco cittadino. Peccato che in Europa ci fosse già uno scoiattolo autoctono, quello rosso. La convivenza tra rosso e grigio è disastrosa, con il grigio che, ovunque si insedi, porta all’estinzione locale del rosso a causa di una serrata competizione alimentare e alla trasmissione di un virus letale per lo scoiattolo europeo.
Si capisce come siano queste specie, quelle alloctone invasive, a creare i principali problemi. Dai dati reperibili sul sito del Ministero della Transizione Ecologica si legge come in Europa vi siano circa 12.000 specie alloctone, il 10-15% delle quali sia ritenuto invasivo, con un danno stimato intorno ai 12 miliardi di euro l’anno nella sola Unione Europea, mentre un articolo pubblicato su “Nature” computi in quasi 163 miliardi di dollari l’anno il costo delle specie invasive del mondo.
I problemi che queste specie creano sono molteplici e vanno dalla competizione con le specie native ai danni agli habitat, dalle zoonosi agli effetti che hanno sui servizi ecosistemici, fino ai problemi arrecati all’agricoltura. Dopo la perdita dell’habitat, inoltre, le specie invasive sono considerate la principale minaccia per la biodiversità mondiale. Tutto ciò è inoltre aggravato dalla simultaneità con altri problemi – cambiamenti climatici, frammentazione degli habitat, inquinamento, depauperazione del territorio e degli stock -, con un effetto deleterio su quella che è la diversità della vita animale e vegetale sul pianeta Terra. Per tale motivo il contrasto alle specie aliene invasive, normato dal regolamento Ue 1143/2014, deve essere inteso in un contesto più ampio, addirittura ecosistemico.
Quello delle specie invasive è un problema enorme, ma che va affrontato avendo ben presente il contesto entro cui si pone, caso per caso. È inutile contrastare una specie invasiva e ritenerla il male assoluto quando, prima ancora, non si è fatto nulla per preservare l’habitat su cui quella stessa specie poi insiste. Allo stesso tempo, è fuorviante parlare di invasioni quando non si fa nulla per contrastare e regolamentare le vie di ingresso di queste specie alloctone: il commercio di animali esotici d’affezione, il continuo spostamento di merci e derrate alimentari da una parte all’altra del mondo, l’assenza di iniziative serie per il contrasto dei cambiamenti climatici che, con il riscaldamento globale, creano condizioni favorevoli per l’insediarsi di specie provenienti da zone del mondo esotiche.
Il messaggio che le specie alloctone invasive ci portano, per concludere, è sempre e solo uno: prendetevi cura del pianeta su cui vivete, preservate e conservate il bello che la natura vi ha donato, gratuitamente, e smettetela con il pensare che gli interessi economici vengano prima di tutto, che il domani si riduca all’utile ottenibile tra qualche mese. Bisogna iniziare a pensare in termini di generazioni, quelle che verranno dopo di noi e che ci malediranno per lo stato in cui stiamo lasciando la Terra. Perdere biodiversità, e perderla senza neanche sapere a cosa si sta dicendo addio, non solo è un danno, ma prima di tutto è un’enorme cazzata.