Grazie alla muta ha la possibilità di riparare eventuali danni e rigenerare così arti e appendici. In alcuni casi, può anche amputarsi, ad esempio, una chela immobilizzata in una fenditura o da un predatore, in modo da liberarsi: si tratta del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), uno dei più grossi invertebrati d’acqua dolce presente sul nostro territorio e anche l’unico genere di gambero autoctono in Italia (Figura 1).Nel Medioevo il gambero fu un animale molto popolare per la sua importanza alimentare ed economica. Per il caratteristico e periodico rinnovo della sua rigida corazza esterna, il carapace, assunse in ambito religioso il significato simbolico di “morte e resurrezione”; per questo motivo, e per la sua diffusione, nelle aree alpine e prealpine fu frequente la rappresentazione di gamberi nei dipinti dell’Ultima Cena (Figura 2). Gli alchimisti, impegnati nello studio delle trasmutazioni, usarono il simbolo del gambero in una formula alchemica per indicare l’apparecchio “che fa tornare indietro” (detto appunto καρκινος = gambero) usato per la trasformazione dei gas di mercurio nuovamente in mercurio liquido, durante una reazione chimica che faceva diventare il rame simile all’argento. I gamberi finirono poi per essere considerati “animali eretici” e furono privati di ogni simbolismo religioso, ma continuarono ad essere oggetto di largo consumo e quindi di intensa raccolta e commercio nei mercati ittici delle maggiori città italiane e francesi.
Il gambero di fiume ha abitudini crepuscolari e notturne. Solitamente si trova in acque correnti limpide, ben ossigenate e moderatamente fredde, tipiche dei piccoli corsi d’acqua montani-collinari, nonché in quelle dei tratti alti dei grandi fiumi o addirittura dei laghi, purché ricevano un apporto costante di acque fresche. Gli ambienti ideali sono ricchi di rifugi come anfratti rocciosi, tronchi, radici di alberi, banchi di macrofite, lettiere di foglie e rami, e tane scavate dagli individui stessi lungo le rive³. La specie è sensibile all’inquinamento organico che riduce il livello di ossigeno nell’ambiente acquatico, e in particolare ai pesticidi4, pertanto viene considerata un indicatore di qualità degli habitat. Il gambero di fiume è inoltre considerato una specie ombrello ovvero una specie la cui conservazione attiva comporta indirettamente la conservazione di molte altre specie dell’ecosistema e una specie chiave di volta, perchè per il suo ruolo all’interno dell’ecosistema acquatico, la sua estinzione provocherebbe uno sbilancio ecologico, provocando gravi cascate trofiche sulla biodiversità di fiumi e ruscelli. La specie è conosciuta anche come “gambero dalle zampe bianche”, per la caratteristica colorazione degli arti e del ventre in contrasto col resto del corpo. Il colore del loro carapace è molto variabile, gli adulti sono principalmente marroni, marrone-oliva, grigio-biancastro o beige, permettendo all’animale di mimetizzarsi col fondale del corso d’acqua. Esistono però anche rari esemplari blu5. Questa particolare variante può dipendere dallo stadio di sviluppo, dalla colorazione dell’ambiente, dalla dieta o da fattori genetici6. I gamberi di fiume possono diventare blu pallido quando mutano, ma dopo poche ore, tornano del loro colore normale. In altri casi entra in gioco una mutazione genetica: infatti, il colore marrone dei gamberi è dovuto a pigmenti carotenoidi e proteine, e quando l’animale non è in grado di sintetizzare correttamente i complessi pigmento-proteina, si ha la variante blu7. Questi esemplari, per la loro bellezza e unicità, possono essere soggetti ancora più vulnerabili alla raccolta illegale (Figura 3).
Presente in tutta la penisola, dal 1999 al 2009 è stato documentato un declino del 74% in Italia (Figura 4). Numerose sono infatti le minacce a cui è sottoposto: dal degrado ambientale alle specie alloctone, dal cambiamento climatico al bracconaggio8. Le specie alloctone sono riconosciute come la seconda causa più importante di perdita di biodiversità a livello globale, con un pesante impatto ambientale, sulle attività economiche e sulla salute umana. La presenza delle specie alloctone di gambero, in particolare le due specie americane, Procambarus clarkii (Figura 5) e Orconectes limosus, ormai diffuse in gran parte del reticolo idrografico nazionale, rappresenta una delle minacce più consistenti per la sopravvivenza del gambero di fiume in Italia, come nel resto d’Europa9. Inoltre sono molto più competitive rispetto al nostro gambero di fiume, poiché mettono in atto strategie di riproduzione e di comportamento decisamente più efficaci, come la produzione di diverse centinaia di giovani gamberi da una sola femmina ovigera, e hanno un’ottima resistenza a fattori di stress ambientali, come la possibilità di sopravvivere a lunghi periodi di asciutta e la capacità di adattarsi ad ambienti inquinati10. La competizione con le specie esotiche, ha confinato le popolazioni residue di gamberi di fiume nei corsi di collina, pedemontani, dove gli alloctoni sono ancora assenti e l’attività antropica è ridotta. Il gambero di fiume è inoltre fortemente suscettibile ad alcune malattie, spesso introdotte proprio dai gamberi alloctoni, portatori asintomatici. La più temuta è la “peste del gambero” che, trasmettendosi nell’acqua tramite le specie nordamericane, può causare la moria di intere popolazioni in breve tempo (qualche settimana). Presumibilmente introdotta dal Nord America, la malattia ha causato rarefazione delle specie indigene in Europa. La prima segnalazione di mortalità di gamberi d’acqua dolce in Europa si è verificata in Italia nel bacino del fiume Po nell’estate 1859, quando Prof. Emilio Cornalia riporta, negli “Atti della società italiana di scienze naturali”, l’adunanza del 28 novembre 1860 sulla malattia dei gamberi, riferendosi alla massiccia moria di gamberi di fiume che si verificò in Lombardia, soprattutto nelle province di Milano e Brescia. Probabilmente con una partita di pesce proveniente dal Nord America furono accidentalmente importati gamberi infetti. La peste decimò le popolazioni di gambero di fiume in Lombardia e rapidamente si diffuse in tutta Europa. In seguito, dalla seconda metà del ‘900 nuove e ripetute introduzioni in Europa delle specie nordamericane hanno scatenato nuovi episodi di peste11. Nonostante il nostro gambero sia tutelato da normative europee, nazionali e regionali, sono ancora frequenti episodi di pesca illegale, soprattutto per fini alimentari, che mettono a rischio di estinzione le ultime popolazioni rimaste, anche nelle aree protette. L’impatto della pesca diviene particolarmente dannoso quando vengono raccolti individui giovani o, peggio ancora, femmine con le uova, impedendo il rinnovamento delle popolazioni e la nascita di popolazioni future. Il gambero è molto sensibile all’inquinamento da metalli pesanti e agli inquinanti che derivano dal dilavamento di erbicidi, pesticidi e fertilizzanti, ma anche all’inquinamento di tipo organico.
Particolarmente dannosi risultano gli interventi di modifica della morfologia dei corsi d’acqua (escavazioni, cementificazioni degli alvei, artificializzazione delle rive, operazioni di disalveo, ecc.) che riducono la disponibilità di rifugi e determinano la scomparsa di ambienti necessari per le fasi del ciclo biologico della specie 12 (Figura 6).
Inoltre, la riduzione della vegetazione presente nella fascia ripariale, insieme alla riduzione della portata, durante la stagione estiva possono provocare un innalzamento della temperatura dell’acqua13, mal tollerata dal gambero. Infine, i cambiamenti climatici possono avere conseguenze sia dirette sulla specie sia indirette sui corsi d’acqua. Nel primo caso, l’aumento della temperatura media può modificare l’areale sia come estensione sia come sua posizione geografica. Poiché il gambero d’acqua dolce è un animale eterotermo, queste variazioni determinano alterazioni di crescita e di riproduzione 14. Non bisogna dimenticare, inoltre, che variazioni di temperatura possono rendere gli ambienti maggiormente idonei alla colonizzazione delle specie alloctone a discapito di quelle autoctone15. A seguito di questi fattori di minaccia, il gambero d’acqua dolce è iscritto nella Lista Rossa redatta dall’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN), dove è classificato dal 2010 come specie a rischio di estinzione. In Lombardia la specie è tutelata dal 1977 con il divieto di cattura, trasporto e commercio (L.R. n. 33 del 27/07/1977) e dal 2008 con la “Disposizione per la tutela e la conservazione della piccola fauna, della flora e della vegetazione spontanea” (L.R. n. 10 del 2008) sono protette le due specie A. pallipes e A. italicus facenti parte del complesso di specie (A. pallipes complex). La normativa vieta anche l’alterazione e la distruzione dei loro habitat.
La Comunità Montana Valli del Verbano e il Parco Campo dei Fiori hanno aderito ad un accordo con ERSAF (Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) e altri 10 enti gestori di aree protette lombarde per la realizzazione di misure e interventi funzionali alla conservazione del gambero di fiume nell’ambito del Progetto LIFE IP GESTIRE 2020. In particolare, questo progetto ha permesso la riqualificazione di alcuni habitat del gambero e la stesura di uno specifico Piano di comunicazione per ogni ente interessato, finalizzato ad aumentare la conoscenza del gambero autoctono e delle principali minacce alla sua conservazione. Una delle azioni di conservazione del gambero di fiume in Lombardia
prevede il rilascio, nei corsi d’acqua idonei, di esemplari allevati nei due centri di riproduzione lombardi: il Centro di Prabione di Tignale (BS) e quello di Prim’Alpe di Canzo (CO). Il primo è dotato di un incubatoio interno, mentre entrambe le strutture sono caratterizzate da vasche esterne, studiate per ricreare l’habitat delle grandi pozze dei torrenti, in modo che i gamberi possano compiere tutto il loro ciclo riproduttivo nella maggior naturalità possibile. Mattoni forati servono come rifugio, mentre fogliame e fascine vengono utilizzate per naturalizzare le vasche e aumentare così i ripari. La tutela del gambero che, come detto, comporta a cascata ricadute positive sull’intero ecosistema fluviale, richiede il contributo di tutti.
E’ fondamentale soprattutto prevenire la diffusione delle spore della “peste del gambero”. Ecco alcune buone e semplici pratiche da seguire quando si frequentano i corsi d’acqua:
- evitare lo spostamento di gamberi vivi o morti, potenzialmente infetti, come di acqua o attrezzatura contaminata;
- evitare lo spostamento e il rilascio di pesci provenienti da bacini popolati da gamberi esotici;
- evitare il rilascio in natura di gamberi esotici;
- effettuare una corretta disinfezione di attrezzatura (guadini, nasse), stivali, natanti e veicoli in caso di visite successive in torrenti diversi. È sufficiente lasciare asciugare perfettamente per tre giorni gli stivali e tutta l’attrezzatura che è stata a contatto con l’acqua.
Articolo pubblicato sulla rivista “Di terra e di gente”, edizione 2021.