Serpenti, ratti, ragni: quando l’animale da compagnia non è il solito gatto

Stefano Cusaro, Medico Veterinario specializzato in medicina degli

animali esotici, racconta peculiarità e criticità del mondo dei “pet non

convenzionali”

Negli ultimi anni il possesso di animali d’affezione in Italia continua a registrare

un andamento in crescita. Un fenomeno che non riguarda solo cani e gatti ma si

estende a una varietà di specie diverse, de􀁹nite esotiche o non convenzionali.

Secondo i dati del Rapporto Italia 2021 di Eurispes, infatti, più del 40 % della

popolazione italiana possiede animali, di cui circa il 16% è rappresentato da

uccelli, roditori, rettili, tartarughe e animali esotici.

Abbiamo intervistato Stefano Cusaro, Medico Veterinario specializzato in

medicina degli animali esotici e neo presidente di SIVAE, Società Italiana

Veterinari per Animali Esotici.

Dott. Cusaro, lei è presidente della Sivae, società scienti􀁹ca per veterinari di

animali esotici. Quali sono i vostri pazienti?

«Per me è un onore presiedere la più grande società veterinaria di medicina per

animali esotici d’Europa; con il termine “animali non convenzionali da

compagnia” si intendono tutti quegli animali accuditi come pet diversi da cane e

gatto, sia autoctoni (per esempio il coniglio o le testuggini del mediterraneo ) che

alloctoni, quindi “esotici” come possono essere i criceti. Ma, con le nuove regole

europee, questi pet saranno presto classi􀁹cati come “animali da compagnia” a

tutti gli effetti, esattamente come il cane e il gatto. I nostri pazienti sono

principalmente conigli, seguiti da roditori, rettili e uccelli. Quantitativamente

parliamo di un numero di esemplari tre volte superiore al totale dei cani e gatti».

Animali “diversi”, attraenti, affascinanti, stravaganti, a volte evocativi di paesaggi

lontani, a volte disneyani. Da che cosa nasce, secondo lei, l’esigenza di avere un

animale “non convenzionale” come pet?

«Io credo che la risposta stia proprio nella domanda…. Attraenti, affascinanti,

stravaganti sia per la loro biologia sia per il loro carattere, ovvero per i rapporti

che riescono a stabilire con l’uomo. Sicuramente ogni classe animale ha le sue

peculiarità, che non possono essere paragonate ad altre: non si può scegliere un

rettile sperando di giocarci come con un cane o un uccello pensando di coccolarlo

come un gatto. Tuttavia, i rapporti che si riescono ad instaurare con un ratto, con

un pappagallo o con una tartaruga possono stupire e sorprendere, portando

bene􀁹cio sia agli animali stessi sia ai proprietari».

La detenzione di questi animali ha però anche delle criticità, sotto diversi punti di

vista. Alcuni di questi animali sono considerati appartenenti a specie “aliene

invasive”, specie portate dall’uomoin luoghi diversi dal loro areale di origine e che,

grazie a una particolare plasticità adattativa, riescono a proliferare arrivando a

costituire un pericolo per la biodiversità dell’ambiente di arrivo, determinandone

in alcuni casi persino l’estinzione.

Qual è, secondo lei, il ruolo del medico veterinario nei confronti dei detentori di

animali esotici per la prevenzione di episodi di rilascio, accidentale o volontario?

«Va fatto un netto distinguo fra le specie animali non convenzionali di cui

abbiamo parlato prima e le cosiddette specie aliene o esotiche invasive. Le prime

acquisiranno sempre più anche a livello normativo lo status di animale da

compagnia, grazie alle nuove regole europee di sanità animale che chiedono a tutti

i proprietari un surplus di possesso responsabile. Gli alieni-invasivi, invece,

appartengono ormai da diversi anni a categorie giuridicamente diverse, perché

creano, loro malgrado, problemi di tutela della biodiversità e degli eco-sistemi. Il

rilascio accidentale è prevenibile fornendo le corrette misure di detenzione che

non solo servono per evitarne la fuga, ma devono essere condotte al 􀁹ne di una

custodia nel rispetto del benessere animale.

Per prevenire questi fenomeni nel rispetto degli animali e dell’ambiente servono,

leggi, regolamenti, linee guida, controlli e sanzioni: se vogliamo restringere il

campo solo al ruolo del veterinario e al suo contatto diretto coi detentori, anche

commerciali, tutto si traduce in educazione, informazione, formazione e

naturalmente in intervento sanitario veterinario, dalla prevenzione alla cura».

Pensa che potrebbe essere utile il conseguimento obbligatorio di una sorta di

“patentino” per la corretta detenzione di determinate specie animali?

«Si, indubbiamente la formazione e l’educazione alla cura degli animali è

auspicabile e “il patentino” ne darebbe prova certi􀁹cata. Questo dovrebbe essere

istituito a più livelli, Un “patentino” per i venditori e gestori di negozi atti alla

vendita degli anomali, per esempio potrebbe essere alla base, considerando che la

maggior parte delle volte, ai detentori 􀁹nali vengono fornite errate informazioni

proprio all’atto dall’acquisto. Un altro aspetto importante a riguardo è però

identi􀁹care chi dovrà concedere il patentino e chi i personaggi coinvolti nel ruolo

di “formatori”. In passato si son viste iniziative simili in altri ambiti e il primo

errore commesso fu quello di dare l’incarico di istruttore a 􀁹gure che per prime

non erano competenti in materia».

Il commercio illegale di animali selvatici destinati a vari utilizzi, tra cui anche la

detenzione come pet, è il terzo mercato illegale nel mondo dopo droga e armi.

Questo traf􀁹co alimenta il bracconaggio e il prelievo incontrollato di animali

anche appartenenti a specie in pericolo, animali che vanno incontro ad un

altissimo tasso di mortalità nelle varie fasi della cattura e degli spostamenti.

Una chiusura totale del mercato potrebbe rappresentare una ragione di

incremento di questo traf􀁹co illegale?

«Sicuramente sì. Ma questo è uno scenario che ci porta al di fuori del raggio

d’azione del regolamento europeo di sanità animale e che riguarda invece un

complesso di attività criminose. Parliamo di reati contro gli animali ma anche

contro le attività economiche e commerciali regolari e contro il possesso legittimo

e responsabile di un animale da compagnia, sia il cane o il criceto. E tuttavia la

tracciabilità richiesta per ragioni sanitarie dalle nuove norme europee avrà

ricadute favorevoli anche sul contrasto del traf􀁹co di animali. La

regolamentazione è in corso di implementazione in tutti gli Stati Membri, sarà

rigorosa e ci vede d’accordo.

L’Unione Europea però non chiede di vietare le attività economiche e la

detenzione legale. Come si vede dai vari rapporti annuali, sono milioni gli animali

ad oggi allevati, detenuti e posseduti da altrettante famiglie italiane. Occorre

responsabilizzarsi sul loro destino e sulle migliori regole che consentono di

separare nettamente ciò che è lecito da ciò che è reato. Il maltrattamento e lo

sfruttamento animale, che anche noi contrastiamo, possono essere vinti da una

robusta regolamentazione e dal controllo. Abbiamo l’occasione per assestare un

duro colpo ai traf􀁹ci e per tutelare la detenzione legale degli animali, senza

esasperazioni o estremismi che potrebbero avere l’effetto indesiderato di aumentare gli abbandoni, il rilascio indiscriminato in natura o gli stessi traf􀁹ci.

Un estremismo non può essere combattuto con un altro estremismo. Gli estremi,

in quanto tali non si incontrano mai».

Che impatto avrebbe una situazione così restrittiva sulla vostra realtà

professionale?

«Come detto, i medici veterinari curano principalmente esemplari da compagnia o

d’affezione che dir si voglia e questa categoria è destinata ad essere

giuridicamente ampliata e riconosciuta dal nuovo regolamento europeo e dalle

norme nazionali. Questo si tradurrà in nuove regole di identi􀁹cazione,

registrazione, possesso e detenzione responsabile. Auspicabilmente in un

rapporto più stretto con il Medico Veterinario curante. Non credo che nessuno

voglia vietare gli animali legalmente commercializzati e detenuti, quindi il mio

sentore è che il ruolo del medico veterinario del mio settore sarà destinato a

crescere».

Pensa possa essere un buon compromesso la commercializzazione di animali

preventivamente sterilizzati chirurgicamente? Favorirebbe anche i commercianti

stessi, che diventerebbero indispensabili per reperire soggetti nuovi.

«La sterilizzazione è sicuramente un metodo vincente per il controllo delle nascite

e la prevenzione della riproduzione incontrollata delle popolazioni sia in cattività,

sia in natura. Tuttavia non credo sia realistico né opportuno pensare alla

sterilizzazione pre vendita o almeno non in tutte le specie.

È invece interessante proporre la sterilizzazione ai detentori de􀁹nitivi, nel

corretto momento biologico del paziente soprattutto per chi possiede più animali o

animali altamente proli􀁹ci. Ma anche in questo caso non si può che restare su un

piano di considerazioni generali. Ogni specie e ogni singolo esemplare ha la sua

propria vita, con esigenze e possibilità da rispettare».

La pandemia ha portato in primo piano il problema delle zoonosi, cioè delle

patologie trasmissibili dagli animali all’uomo, a volte anche in modo non troppo

scienti􀁹co. L’aspetto sanitario rappresenta un altro tema di criticità nei confronti

della detenzione di questi animali, pensiamo per esempio al caso dei rettili e degli

an􀁹bi come portatori asintomatici di Salmonella spp. (RAS: Reptile Associated

Salmonellosis).

Quale pensa possa e debba essere il ruolo del medico veterinario nella gestione

delle criticità legate alle specie esotiche utilizzate come pet?

«SARS CoV-2 è un virus adatto più all’uomo che alle specie animali. Non credo che

un animale da compagnia, tradizionale o convenzionale che sia, possa

rappresentare un rischio paragonabile. Aggiungo infatti che per il regolamento

europeo di sanità animale, le case e gli animali da compagnia che vi sono custoditi

non rappresentano una minaccia signi􀁹cativa di trasmissibilità di malattie. In un

contesto di “One Health” in generale il ruolo del veterinario è prezioso tanto

quanto quello di un medico umano, un biologo e di tutte le 􀁹gure scienti􀁹camente

preparate che devono necessariamente lavorare sinergicamente.

Il medico veterinario non deve essere chiamato in causa solo quando il proprio

animale non sta bene ma, soprattutto quando si decide di accudire un animale non

convenzionale, si deve pensare a lui come quell’amico a cui chiedere

informazioni, consigli e aiuto ancora prima dell’acquisto. Il veterinario che si

occupa di animali non convenzionali conosce questi animali sotto tutti i punti di

vista. La loro biologia, il loro carattere, le loro esigenze ambientali e nutrizionali, le

leggi che ne governano il possesso e i potenziali rischi legati alla manipolazione.

Ricevere dal veterinario queste informazioni per poter imparare le condizioni

ottimali di gestione dell’animale che si decide di acquistare e che tipo di rapporto

poter costruire con lui, è alla base per iniziare una convivenza all’insegna del

rispetto e del benessere animale e, perché no… anche benessere umano!»

Rif. Bibliogra􀁹ci:

Rapporto Italia 2021 – Eurispes

https://eurispes.eu/wp-content/uploads/2021/05/eurispes_sintesi-rapportoitalia-

2021.pdf

Warwick C, Steedman C

Wildlife-pet markets in a one-health context

Int. J. One Health, 2021 7(1): 42-64.

Sangiorgio G.*, Grandolfo E., Bodnar L., Corrente M.

Rettili come reservoir di salmonelle: indagine epidemiologica e valutazione del

rispetto delle buone pratiche di igiene nella gestione

Aivpa journal – italian journal of companion animal practice, 2016, 1, 13-20

Ricard C., Mellentin J., Ben Abdallah Chabchoub R., Kingbede P., Heuclin T.,

Ramdame A., Bouquet A., Couttenier F., Hendricx S.

Méningite à Salmonelle chez un nourrisson due à une tortue domestique.

Archives de Pédiatrie, 2013, 22, 605-607

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