È il secondo focolaio di peste suina africana in Italia, dopo quello che da
Gennaio interessa le popolazioni di cinghiali tra il Piemonte e la Liguria.
Pubblicata in Gazzetta Ufciale l’ordinanza per il depopolamento
Nonostante i provvedimenti tempestivi e rigorosi adottati per arginare l’infezione
di peste suina nei cinghiali delle province di Genova, Alessandria e aree limitrofe,
il virus ha trovato altre vie ed è arrivato a Roma. Dopo il primo caso segnalato agli inizi di maggio, in una carcassa ritrovata nella riserva naturale del Parco
dell’Insugherata, a nord della città, ad oggi sono salite a nove le positività
confermate dall’Istituto Zooprolattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche,
dove ha sede il centro di Referenza nazionale per le pesti suine.
Immediata l’istituzione di una zona infetta, in continua rimodulazione in base
all’andamento dei reperimenti di animali morti per i quali deve essere confermata
la presenza del virus.
La diffusione del virus è legata all’attività antropica
Non è ancora chiaro se i due focolai siano legati tra loro o se quello di Roma
rappresenti un nuovo ingresso del virus nel nostro paese, ma è comunque certo
che la via di introduzione sia legata all’azione inconsapevole dell’uomo. Il virus
della peste suina africana, che oggi rappresenta la malattia animale più diffusa al
mondo, è dotato di una grande resistenza che gli permette di sopravvivere a lungo
nell’ambiente e di poter essere trasportato per lunghe distanze anche tramite
indumenti, suole di scarpe, pneumatici o altri materiali contaminati.
Anche i residui di alimenti di origine suina, prodotti con carne di animali infetti e
abbandonati nell’ambiente rappresentano una efcace via di diffusione del virus
nei suidi selvatici. La peste suina africana, che come abbiamo già sottolineato (in
questo articolo) non rappresenta un pericolo per l’uomo, costituisce una grave
minaccia per il comparto suinicolo, che in Lombardia, in particolare nella
Bergamasca, nelle zone del Bresciano e del Cremonese, occupa un posto
importante nel quadro delle attività zootecniche italiane. Secondo Vittorio Guberti,
medico veterinario epidemiologo e ricercatore all’Ispra, Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale, il virus potrebbe mettere a rischio no all’1,5%
del PIL italiano se arrivasse dentro agli allevamenti commerciali.
I provvedimenti per il controllo e la prevenzione
Dopo le prime disposizioni, emesse su mandato dell’unità di crisi istituita dal
Ministero della Salute, a rma congiunta di Angelo Ferrari, Commissario
Straordinario alla peste suina africana, e di Pierdavide Lacchini, Direttore Generale
della DGSAF (Direzione Generale della Sanità Animale e del Farmaco Veterinario),
per individuare i conni della zona infetta e i provvedimenti urgenti da adottare
per il contenimento della malattia, il 23 maggio è stata pubblicata sulla Gazzetta
Ufciale la terza ordinanza che chiarisce le misure di sicurezza e istituisce una
cabina di regia, facente capo alla Prefettura di Roma, per la gestione e il
coordinamento delle operazioni di depopolamento dei cinghiali.
Fonte: IZSUM – Istituto Zooprolattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche
Le misure di prevenzione e controllo sono in linea con i provvedimenti adottati
per contenere il primo focolaio di infezione, nelle province di Genova, Alessandria
e zone limitrofe. Sono previsti il rafforzamento della sorveglianza passiva e la
ricerca attiva delle carcasse nella zona infetta e nelle zone connanti, con rigidi
protocolli per lo smaltimento, la regolamentazione delle attività all’aria aperta, con
divieto di frequentazione dell’area infetta e di quella connante, la recinzione e
l’ottimizzazione della posizione dei cassonetti dei riuti e la vigilanza veterinaria
sugli allevamenti di suini, oltre che il censimento di tutti i suidi e la macellazione
degli animali presenti negli allevamenti sia commerciali che familiari, semibradi
e misti (cioè che detengono suini e cinghiali), destinati alla produzione di alimenti,
all’interno della zona infetta. È vietata l’attività venatoria.
L’ultima ordinanza, attiva già dal 17 maggio, data della sua emanazione, prevede
inoltre la chiusura di tutti i varchi esterni e tutte le vie di comunicazione con le
aree urbanizzate, e impone un limite di 30 giorni per denire le procedure di
cattura e abbattimento dei suini selvatici.
Il Ministero, oltre a sottolineare l’importanza della vigilanza sui protocolli di
biosicurezza da adottare in tutti gli allevamenti suinicoli italiani, con particolare
riferimento a quelli semibradi, ribadisce che il livello di allerta deve essere
massimo su tutto il territorio nazionale.
Il problema della gestione del numero di cinghiali
L’emergenza peste suina africana rilancia il problema del grande numero di
cinghiali diffuso sul territorio e presenti ormai anche nelle aree antropizzate. Il
Sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha più volte ribadito la sua posizione a
favore della riduzione e del contenimento dei cinghiali, anche attraverso “il
prolungamento dell’attività venatoria per ridurne sensibilmente il numero”.
Secondo Guberti, però, nel caso della peste suina africana, l’abbattimento non
rappresenta la soluzione, può addirittura essere ”inutile, sbagliato e anche
dannoso” se fatto nei tempi e nei modi non corretti. Occorre lasciare agire il virus,
altamente mortale per gli animali colpiti, che può arrivare a ridurre le popolazioni
del 70-80%, e valutare gli abbattimenti quando sono rimasti pochi animali.
La strategia di eradicazione deve seguire una progressione in linea con l’evolversi
della situazione epidemiologica, per fasi successive. Anche sul sito di Ispra si
legge che la comparsa del virus è totalmente indipendente dalla densità di
cinghiali, fattore che non determina neanche effetti signicativi sulla persistenza
del virus in natura. Ciò che causa la persistenza della malattia è la notevole
resistenza del virus nell’ambiente, nelle carni degli animali e la facilità con cui
l’uomo può veicolarlo.
La questione cinghiali divide l’opinione pubblica e la
tensione sale
La questione della peste suina africana ha riaperto in modo evidente la forbice che
divide l’opinione pubblica, tra chi vorrebbe vedere tutti i cinghiali estinti e chi li
difende in nome dell’inviolabile diritto alla vita. Se da una parte i movimenti
animalisti si attivano per salvare i cinghiali dall’abbattimento su larga scala,
dall’altra la tensione generata dalla sempre maggiore presenza di questi animali,
ormai anche in città, rischia di degenerare in maniera aberrante. È della scorsa
settimana il ritrovamento un piccolo di cinghiale decapitato nella riserva naturale
parco dell’Insugherata. Ancora non è chiara la dinamica del fatto, che rimane allo
studio degli inquirenti.
Fonti:
https://www.isprambiente.gov.it/it/news/primo-caso-di-peste-suina-africanapsa-
per-l2019italia-continentale
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/15/peste-suina-il-ricercatore-dellispraguberti-
non-si-trasmette-alluomo-ma-il-costo-puo-essere-altissimo-no-all15-
del-pil/6588022/?fbclid=IwAR0alMLnVqnR5ulFGjOlrk2BLP3MACvUhUoI4eLJcuXtNrcqrmDjtW0kEE
Riferimenti normativi:
17.05.2022 Ordinanza del commissario straordinario per la peste suina africana
n. 3 del 17 maggio 2022
13.05.2022 Dispositivo dgsaf recante “Istituzione di una zona infetta a seguito di
conferma di casi di peste suina africana nei selvatici nella regione Lazio”.
11. 05. 2022 Nota informativa al territorio: conferma di caso di psa in un cinghiale
nel comune di Roma.
07. 05. 2022 Ordinanza del Presidente della Regione Lazio 7 maggio 2022, n.
Z00002.